Quando entra in scena, il presentatore viene accolto da uno scrosciare di applausi come non ne sentivo da parecchio tempo. È così anche per lui e lo dimostra l’emozione con cui parla. È il 1° Novembre, al Teatro Auditorium Manzoni di Bologna si tiene il primo grande concerto a teatro della rassegna Bologna Jazz Festival e vedere, nonché sentire, un pubblico così numeroso riempire tutte le poltrone della sala non può lasciare indifferenti. È per questo che l’emozione mette in danza le parole del preludio all’esibizione del progetto “Heroes” di Paolo Fresu. Un omaggio a David Bowie, questo, che è nato a distanza di cinquant’anni dall’esibizione del cantante inglese durante un concorso canoro a Monsummano Terme nel 1969. È Fresu stesso che lo racconta, con carisma e simpatia, verso metà concerto. Le aspettative sono molto alte e dalla platea fino alla galleria si respira un’aria distesa e allegra.
Il repertorio presentato dalla formazione di Fresu contiene molte delle canzoni meglio note di Bowie da Rebel Rebel a Starman, passando per Let’s Dance e Life On Mars per poi chiudere con l’attesissima rivisitazione di Heroes. Inizialmente, un mix non troppo curato non permette di distinguere chiaramente le parti della voce e della tromba nonché le parole dei testi di Bowie. Dopo pochi brani, però, tutto si risolve. Gli arrangiamenti colpiscono fin da subito per la loro aria di sofisticata semplicità. Le strutture dei brani non sono infatti né completamente modificate per inserire colori fortemente jazzistici né mantenute esageratamente vicine agli originali. Il giusto connubio tra fedeltà al lavoro di Bowie e rivisitazione permette una perfetta fusione tra momenti che dispiace non poter ballare liberamente e altri di interessante ricerca musicale. Tra questi ultimi, segnalo il lavoro di sound design del chitarrista Francesco Diodati che sfrutta abilmente l’intero registro del suo strumento ricavando soluzioni melodiche molto particolari grazie all’uso del volume e delle corde alla fine estrema del manico, sulla paletta. Inoltre, una particolare attenzione all’uso dell’elettronica permette all’ensemble di creare degli ambienti sonori tutti nuovi all’interno dei quali sviluppano abilmente le proprie concezioni dei brani di Bowie. Partendo spesso da cupi pedali elettronici, la band si muove sui brani come un avventuriero su una mappa da interpretare. Tra i tanti spunti presenti, particolarmente apprezzabile la resa dell’ostinato di Starman come melodia in stile caraibico.
Per ciò che riguarda i musicisti non si può che affermare quanto sia innegabile la grande tecnica di tutti i membri del gruppo. Tra loro si apprezzano particolarmente Petra Magoni, che con la sua libertà sul palco e nel canto interpreta i pezzi con grande personalità e dimostra di saper comunicare col pubblico a un livello profondo, e soprattutto Christian Meyer, che potrebbe tranquillamente fare il concerto da solo e sentirsi chiedere a gran voce un «Encore!» dopo l’altro. L’impeccabile tappeto sonoro della batteria di Meyer, infatti, trascina il pubblico attraverso gli arrangiamenti della band. Corona poi la sua esibizione un assolo magistrale che sfrutta anche gli applausi del pubblico come elemento ritmico, amalgamato senza fatica ai propri virtuosismi. Seduto dietro alle sue pelli e ai suoi piatti ha una presenza enorme e impareggiabile.
Al netto di queste osservazioni, insomma, la serata è un fantastico battesimo per una rassegna che ormai da anni rende vivaci e spettacolari gli autunni bolognesi. Il fatto che abbia potuto aprire le sue porte a un pubblico così numeroso ed entusiasta è un grande segnale di ripresa e i ringraziamenti di Fresu nei confronti dei lavoratori dello spettacolo, vittime di un disagio dovuto alla pandemia di cui forse non si è ancora elaborato abbastanza, evidenziano quanto sia importante in questo momento non abbassare la guardia nei confronti del virus per poter godere come una volta dell’ebbrezza di simili serate.