Alla scoperta del radiodramma: diario di una sperimentazione

E devo dunque parlare dello spettatore (perché non si dovrebbe parlare dell’attore senza parlare dello spettatore), ma prima voglio fare un piccolo inciso: vorrei citare Fabio Sajiz, disegnatore di luci per il teatro, perché ciò che dice può aiutare me a dire ciò che vorrei dire. “Cerco una condizione iniziale di buio assoluto. (… ) Cerco, sia a livello concreto che metaforico, un buio totale che sia in grado di provocare uno sprofondamento. Un buio “veramente buio”. Secondo me è una condizione fondamentale: il pubblico si siede, si abbassano le luci di sala e “cominciamo” da un buio denso, un buio senza appigli e punti di riferimento, perché è da lì che dobbiamo ancora una volta partire per iniziare ad ascoltare”. Devo subito rilevare una cosa importante: per Sajiz la luce è ciò che ci permette di vedere. Lui auspica un buio densissimo, totale, perché solo da questo si può cominciare “ad ascoltare”, non dice “vedere”, dice “ascoltare”. Io sono totalmente d’accordo. Purtroppo le norme di sicurezza impediscono di fatto un buio come Sajitz lo vorrebbe, a meno di non procurarselo in maniera clandestina e illegale. Anzi, se confronto quel che dice Fabio Sajiz e quel che dicono le norme di sicurezza sono quasi certo del fatto che queste ultime non sono altro che “norme atte a impedire che il teatro possa accadere”.

Claudio Morganti

intervento al convegno Il teatro della critica, Pistoia, 15 novembre 2015

Si proverà qui a raccontare l’esperienza di educazione all’ascolto di radiodrammi proposta dall’Ass. Altre Velocità e svolta “in presenza” in alcune classi di Bologna nel corso dell’anno scolastico 2020/2021, anno in cui ancora imperversava la pandemia da Covid-19, i teatri erano chiusi e le scuole aperte.

Breve premessa. Da dove nasce l’idea:

L’emergenza sanitaria ci ha permesso, come Altre Velocità, di domandarci come potessimo proseguire i ragionamenti sul teatro anche in un momento in cui i teatri erano chiusi. Negli anni progettare per e con Altre Velocità mi ha insegnato che quando si inizia a scrivere e a dare corpo a un’idea, si inizia a immaginare una trasformazione, a figurarsi un mondo che si desidera migliore o diverso da quello che è. Quando si progetta, lo dice l’etimologia, ci si getta un po’ più in là, in avanti. In questo movimento che si protende verso il possibile, lo sforzo necessario è quello di osservare il reale ed entrarci in relazione, mettersi in ascolto rendendo i confini del fare quotidiano malleabili, plasmabili, senza perdere l’aspetto radicale della nostra identità. Nei nostri laboratori abbiamo sempre lavorato sul come si guarda uno spettacolo. Che fare, quindi, in un momento in cui i teatri sono chiusi e gli spettacoli non ci sono più? La soluzione è apparsa ammantata di sfida e azzardo: cambiare l’oggetto dello sguardo in un oggetto d’ascolto. Siamo così approdati al radiodramma, complice anche la grande sapienza di Rodolfo Sacchettini, studioso ed esperto del settore nonché membro di Altre Velocità, e abbiamo selezionato opere d’autore, guardando con attenzione non solo alla storia del genere ma anche alle sue più attuali evoluzioni, con i lavori di Muta Imago e de I Sacchi di sabbia. Così, accompagnate dai nostri tesori sonori, siamo arrivati in classe con molte domande e nessuna certezza, e con le stesse palpitazioni di un esploratore in un territorio sconosciuto. Nel nostro fare non siamo abituati ad amputare la presenza: viviamo il momento dello spettacolo e quelli dei laboratori come una festa di incontri, un esserci reale in cui precipita purissima tutta la nostra gioia. La scommessa era quindi alta: come avrebbero reagito i ragazzi senza il teatro, senza l’alterità radicale di quella esperienza che è anche occasione di incontro con il mondo fuori dall’aula scolastica? Quello che abbiamo visto è che radio e radiodramma raccontano a questi giovanissimi di un tempo lontano, che ai loro occhi diventa quasi esotico, mitologico. L’impressione è che la forma radiofonica, il sonoro e l’audio abbiano toccato qualcosa di profondo e che qualcosa si sia risvegliato. Quel risveglio si è visto negli occhi attenti, nei micromovimenti delle pupille che cercavano, “vedevano” ciò che ascoltavano. Abbiamo compreso, scossi da brividi, che il teatro si era manifestato nel loro sguardo quando hanno applaudito alla fine dell’ascolto. Quello che ancora non immaginavamo, in questo percorso di ascolto dedicato al radiodramma, è che portando la voce abbiamo portato il corpo, incontrando la voce abbiamo incontrato l’empatia. Il radiodramma ci ha permesso di mantenere un contatto con le grandi domande del teatro, provando a ricontattare noi stessi, partendo dall’ascolto di un’opera teatrale radiofonica.

Descrizione dell’esperienza:

Armati di una buona cassa audio e di alcuni radiodrammi che compagnie teatrali a noi vicine hanno prodotto, siamo entrati in aula, convinti che l’ascolto collettivo in classe e un laboratorio costruito attorno, fossero strumenti capaci di far affiorare pensieri e ragionamenti attorno all’ascolto collettivo e al teatro. Ammetto che la prima volta che sono andata in una terza elementare, proponendo Marmocchio. Una specie di Pinocchio di marmo, radiodramma de I sacchi di sabbia della durata di 45’ ho pensato che nulla potesse realmente filare al cospetto dei “cinni”. Ma mi sbagliavo.

L’attività si condensa in due ore, nella prima parte si conduce la classe a ragionare sull’ascolto della radio, sull’uso della voce, su quali suoni attraggono la nostra attenzione e su cosa invece tenda ad “evaporare”. Parliamo un po’ di Marconi, della nascita della radio che ha più a che fare con la magia che con la tecnologia. Una grande narrazione, dal sapore avventuroso. Successivamente iniziamo l’ascolto che dura all’incirca 40’ all’interno dei quali non “mettiamo mai in pausa”, anche se ci sono parti veloci, difficili, ostiche. L’immersione è totale, nel buio della classe, siamo soli eppure insieme! Finisce così la prima ora di attività e può iniziare la parte dedicata al laboratorio che prova a mettere a fuoco le diverse possibilità dell’ascolto dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze e sull’analisi del radiodramma da un punto di vista della costruzione del racconto, ma soprattutto portando ad analizzare in profondità gli elementi teatrali, estetici, del radiodramma: la spazialità, l’attorialità, l’uso delle voci, l’immaginazione come ingrediente che l’ascoltatore-coautore mette a disposizione dell’esperienza.

Qualche voce dalle classi:

Il teatro si è manifestato. È appena finito l’ascolto, per una forma di pudore abbasso lo sguardo dalla classe che ho di fronte e mi metto a toccare in maniera scomposta lo schermo dello smartphone per fermare la traccia audio. Passeranno forse una manciata di secondi, un misto di aspettativa e brividi si affastellano in me. Penso che un applauso, ci starebbe davvero bene. Ma non posso farlo partire, non io. Sono ricurva sulla cattedra, snocciolo vertebra dopo vertebra in cerca della verticalità e in questo movimento al rallentatore, quando ancora gli occhi non osano posarsi sui règaz, arriva quello scroscio che chi ama il teatro riconosce. Il teatro si è manifestato. Mi unisco convinta, grata, emozionata. Potrebbe chiudersi il sipario a questo punto, se non fosse che siamo in aula, i teatri sono chiusi da un anno e suona la campanella della fine dell’ora.

I bambini e le bambine delle classi elementari hanno scritto: Chiudendo gli occhi, mi sono sentito libero / Dopo che ho ascoltato molto bene, lo so raccontare come se fosse una cosa vera / a me è sembrato molto bello questo racconto e io ho ascoltato molto volentieri perchè secondo me è più semplice sentire con le orecchie anzichè sia guardare che ascoltare/ mi sono sentita a mio agio quando dovevo stare ferma ad ascoltare perché potevo vedere tutto senza dover pensare ad altro. infatti non pensavo ad altro. / con gli occhi chiusi ho capito meglio.

Un curiosità: Dopo aver ascoltato Marmocchio, una specie di pinocchio di marmo de I Sacchi di sabbia, e aver affrontato anche alcuni temi sostanziali di Pinocchio, Elena di terza elementare, visibilmente rapita ed entusiasta, ha affermato “ io questo libro lo chiedo a Babbo Natale”. Ecco che partendo dal teatro, siamo arrivati al romanzo!

Sull’ascolto dalle classi di scuola “media”: in classe ho ascoltato perché è una attività diversa rispetto a fare lezione/ dopo aver finito l’ascolto possiamo parlare del radiodramma tra di noi. Mi sono divertito di più ad ascoltarlo in classe / Mentre disegnavo sentivo i rumori meglio, era come se si scandissero mentre provavo a dargli forma così diventavano sempre più intensi ed espressivi fino a che non mi hanno quasi posseduto./ Mi è piaciuto ascoltare. All’inizio ho iniziato a dare forma ai suoni e alle voci che sentivo attraverso il disegno. Dopo ho socchiuso leggermente gli occhi e mi sono fatta trasportare dal racconto dei 4 moschettieri.

Riflessioni che da questa esperienza sono nate:

L’esperienza sperimentata all’interno di Altre Velocità, l’ho portata in diversa forma anche nelle classi dove insegno italiano (formazione professionale) in contesti molto diversi per non dire ostici. Come docente di italiano ho potuto godere della possibilità di poterci lavorare per un periodo di tempo lungo e di accogliere gli spunti sonori per lavorare sulla scrittura. La possibilità di avere un ingresso raccolto, collettivo, comunitario e silente, predisporre all’ascolto la classe, creare un terreno fertile e immersivo, svincolato dal predominio delle immagini mi ha regalato sorprese che io stessa non speravo. Il buio ha permesso ai ragazzi e alle ragazze di entrare in una condizione dove le “antenne” si fanno vibranti, i sensi più acuti. Continuare a lavorare sulla scrittura, partendo da quell’esperienza del buio, ha rivelato la possibilità ai ragazzi e alle ragazze di concedersi alle immensità di cui sono portatori, dandosi l’occasione di conoscersi. La sperimentazione, nata nel corso di una contingenza ben precisa, è stata richiesta anche per l’anno scolastico 2021/2022 da diverse classi della città di Bologna (elementari, “medie” e superiori), come percorso che hanno inteso come prodromico all’educazione allo sguardo che quotidianamente da dieci anni Altre Velocità svolge per i teatri andando a incontrare le classi di ogni ordine e grado. Abbiamo motivo di credere che l’ascolto abbia ancora tanto da regalarci e offrirci come spunto per lavorare sulle possibili scritture.

Questa sperimentazione non sarebbe nemmeno nata senza Rodolfo Sacchettini (Altre Velocità), Giovanna Renzi (Professoressa delle “Guinizelli” di Bologna) e Cira Santoro (ATER Fondazione) e non sarebbe stata possibile senza Maria Rosaria, Sonia, Simona, Valeria, Liana, Carlotta, Maria Paola e a tutti gli educatori e i docenti di sostegno coinvolti e soprattutto senza i bambini e le bambine della 3A e 3B delle Bombicci, la 4A delle Manzolini e i règaz della 1A, 1D, 1H, 2B, 2G delle “medie” Guinizelli.