Negli anni progettare per e con Altre Velocità mi ha insegnato che quando si inizia a scrivere e a dare corpo a un’idea, si inizia a immaginare una trasformazione, a figurarsi un mondo che si desidera migliore o diverso da quello che è. Quando si progetta, lo dice l’etimologia, ci si getta un po’ più in là, in avanti. In questo movimento che si protende verso il possibile, lo sforzo necessario è quello di osservare il reale ed entrarci in relazione, mettersi in ascolto rendendo i confini del nostro fare quotidiano malleabili, plasmabili, senza perdere la radicalità della nostra identità. Questo è stato un anno particolare che, al di là delle retoriche della pandemia come opportunità, offriva tante domande, molte delle quali nuove e ancora inesplorate. Come ha scritto Lucia, questa è stata la nostra risposta alla chiusura dei teatri da un lato, ma anche ai possibili bisogni dei règaz. Il radiodramma ci ha permesso di mantenere un contatto con le grandi domande del teatro, provando a fare buio, ricontattare se stessi, partendo dall’ascolto di un’opera teatrale radiofonica. Se il fare è realmente in ricerca, se non si applica una formula consolidata, finchè non lo si sperimenta sul campo si rimane con dei dubbi: funzionerà? Avrà senso per noi e per loro? Il lettore e la lettrice di questo libretto potrà provare a intuire i segreti di questa pratica che abbiamo proposto. Quello che abbiamo visto è che radio e radiodramma raccontano a questi giovanissimi di un tempo lontano, che ai loro occhi diventa quasi esotico, mitologico. L’impressione è che la forma radiofonica, il sonoro e l’audio abbiano toccato qualcosa di profondo e che qualcosa si sia risvegliato. Quel risveglio l’ho visto negli occhi attenti, nei micromovimenti delle pupille che cercavano, “vedevano” ciò che ascoltavano. Ho compreso, scossa da brividi, che il teatro si era manifestato ai loro occhi quando hanno applaudito alla fine dell’ascolto. Li ho osservati, indugiando ammetto, mentre ascoltavano: ho scrutato le loro posture, le pause nelle loro azioni, i momenti di quiete, i movimenti interiori che arrivavano alla risata e manifestavano così la loro immersione in quella storia.
Ringraziamo di cuore Patrizia Ghedini, Roberto De Lellis e Cira Santoro che hanno scommesso su questo progetto per le classi, nonostante il buio del momento, tutte le docenti coinvolte, la Dirigente per averci permesso di incontrare le classi in tempi dove la sottrazione pareva l’unica strada davvero percorribile e tutte le bambine e i bambini, i ragazzi e le ragazze coinvolte che con le loro intuizioni hanno illuminato questo periodo opaco.
Agnese Doria
Nei nostri laboratori abbiamo da sempre lavorato sul come si guarda uno spettacolo, che fare, quindi, in un momento in cui i teatri sono chiusi e gli spettacoli non ci sono più? La soluzione è apparsa ammantata di sfida e azzardo: e se cambiassimo l’oggetto dello sguardo in un oggetto d’ascolto? Siamo così approdate al radiodramma, complice anche la grande sapienza di Rodolfo Sacchettini, studioso ed esperto del settore, nonché membro di Altre Velocità, e abbiamo selezionato opere d’autore, guardando con attenzione non solo alla storia del genere ma anche alle sue più attuali evoluzioni, con i lavori di Muta Imago e Sacchi di sabbia.
Così, accompagnate dai nostri tesori sonori, siamo arrivate in classe con molte domande e nessuna certezza, e con le stesse palpitazioni di un esploratore in un territorio sconosciuto. Nel nostro fare non siamo abituate ad amputare la presenza: viviamo il momento dello spettacolo e quelli dei laboratori come una festa di incontri e di collisioni, un esserci reale in cui precipita purissima tutta la nostra gioia. La scommessa era quindi alta: come avrebbero reagito i ragazzi senza il teatro, senza l’alterità radicale di quella esperienza che è anche occasione di incontro con il mondo fuori dall’aula scolastica?
Quello che ancora non immaginavamo, in questo percorso di ascolto dedicato al radiodramma, è che portando la voce abbiamo portato il corpo, incontrando la voce abbiano incontrato l’empatia.
La abbiamo incontrata nell’esperienza di teatro dei rumori di Beatrice, in cui erano le azioni minute e corali dei ragazzi a creare la bolla acustica della narrazione e dell’attenzione, densissima, e negli esperimenti di ascolto, magnetizzando in una immaginazione condivisa i personaggi e gli eventi messi in forma dalle voci. Ogni personaggio era in grado di sviluppare una sua personale magnitudo di intensità a cui rispondeva con altrettanta intensità la presenza dei ragazzi nella tessitura caotica e potente dell’ascolto collettivo, una trama di reazioni e risposte capace di slabbrare e ricucire i momenti in un volo tra risate e smarrimento, tra intuizione e comprensione.
In questo libretto troverete una parte del precipitato di questo laboratori, l’unica che può essere consegnata. Il resto, più prezioso resta custodito nell’esperienza di ciascuno, dove potrà gettare le sue radici, per trasformarla.
Lucia Oliva