Ashes to Ashes

I giovani fuori dal limbo dell’estraneità
Un dialogo generazionale tra suoni e idee

Sembra impossibile coniugare la parola “classico” con “gioventù”. Li interpretiamo come poli opposti, laddove il classico è la conservazione della tradizione, invece il giovane è colui che rompe le prassi per cercare nuovi linguaggi. Eppure è un dialogo necessario, perché non c’è rottura senza tecnica, non c’è innovazione senza consapevolezza. Dal 25 giugno, attraverso i luoghi incantati dell’Emilia-Romagna, il talento artistico dei giovani interpreti ha trovato i suoi spazi nel Festival di ERF con un discreto margine di distribuzione. Una lunga colonna sonora, 58 concerti, tre mesi che si profilano all’insegna del cambiamento, dell’educazione alla cultura e dell’innovazione.

Eppure il contesto nel quale i giovani artisti si esibiranno, risente inevitabilmente dell’onerosa responsabilità di soddisfare i canoni imposti dalla prassi esecutiva di un repertorio perlopiù classico, poiché le loro capacità si misurano con un’alta richiesta e un’altrettanta elevata aspettativa da parte del pubblico intenditore. L’attività concertistica di questi interpreti può essere volta ad appassionare e coinvolgere i loro coetanei oppure verrà messa unicamente al servizio dei famigerati “addetti ai lavori”? Come soddisfare queste richieste senza cadere nel rinomato cliché del giovane talentuoso? Ma se queste sono domande che ci poniamo guardando al futuro, mettendoci nei panni di un nuovo pubblico idealmente giovane, ad oggi la storia di ERF permette a questi ragazzi e ragazze di avere un luogo sicuro nel quale potersi affiancare a grandi nomi della musica contemporanea, un palco dove poter mettere in gioco le proprie capacità e la loro espressività.

Troviamo in programma, per esempio, giovani come Ruben Xhaferi (13 luglio alla Rocca di Bagnara di Romagna), primo premio al Concorso Pianistico Internazionale Andrea Baldi nel 2015, e Federico Gad Crema (8 agosto al Chiostro del Palazzo Vescovile), III premio al Concorso Pianistico Internazionale “Alessandro Casagrande” nel 2019. Entrambi dimostrano, nonostante la giovane età, di non temere il confronto con i grandi maestri del pianoforte, portando un programma che comprende inevitabilmente Chopin, Liszt e Beethoven, ma anche Debussy e Thomas Adès. A prima vista può sfuggire il motivo della presenza di quest’ultimo, non solo perché non risale al periodo romantico, e sembra quindi un tentativo un po’ irruente di coniugare la musica antica ad una composizione moderna, ma anche per il carattere più cupo e quasi dissonante del brano da eseguire, se posto in confronto al resto del repertorio. In realtà non è un caso che la mazurca di Adès venga eseguita prima della musica di Chopin, il lavoro del compositore inglese è un tentativo molto riuscito di trasformazione della mazurca in un’elegante forma d’arte lontana dalle sue radici primitive, che indaga il suo linguaggio musicale valutandolo secondo i propri criteri di parallelismo moderno. Cosa può aver spinto un giovane compositore contemporaneo a restaurare una forma popolare così desueta?

Le nuove generazioni, con l’avvento dei social media e delle realtà virtuali, hanno avuto meno opportunità di ascoltare musica classica dal vivo e di conseguenza meno opportunità di selezionare, comprendere, apprezzare. Anche per questo motivo negli ultimi anni è stato incoraggiato il fenomeno della contaminazione di più generi musicali per creare un prodotto innovativo e all’avanguardia, che potesse integrare e avvicinare i più giovani alla musica classica, oltrepassando quella barriera di rifiuto verso la “modernità” che storicamente la caratterizza. In tal senso l’orchestra paneuropea all’interno di ERF ha deciso di improntare il concerto del 14 Luglio a Forlì con musiche di etnie totalmente scardinate tra loro, andando a mescolare generi di svariata natura così da eliminare ogni sorta di etichetta. Le musiche di Mozart si mescolano a quelle di Saint-Saëns e ancora a quelle di Prokofiev, andando ad attraversare tutto il nord Europa attraverso i secoli. Di spiccata audacia la scelta di affiancare a questo programma di stampo cosmopolita e popolare il compositore sloveno Srebotnjak, creando una promiscuità molto efficace per stimolare l’interesse delle nuove generazioni.

Se non altro, non stupisce il fatto che l’irrefrenabile istinto di identificarsi in qualcosa di affine, nonché la accesa curiosità verso ciò che è nuovo e ciò che cambia, abbiano effettivamente reso gli adolescenti meno avvezzi ai contesti tradizionali della musica colta. Questo peculiare filo conduttore del festival individua una linea di apertura verso il confronto e la condivisione tra i giovani interpreti e i giovani ascoltatori, scommette sulla capacità dei nuovi talenti di ricalibrare tramite la loro sensibilità la musica classica senza perdere un briciolo della sua stratificazione, della sua complessità. ERF persegue l’obiettivo di svecchiare i contenuti eccessivamente tradizionali per emancipare le promesse della nuova scena musicale sulla linea di un’offerta ampia e variegata, abbracciando ed incentivando collaborazioni trasversali di ogni forma e genere. Una dimostrazione di quanto detto è il caso dell’illustre pianista ottantacinquenne Bruno Canino, che si è esibito il 6 luglio al Teatro dell’Osservanza di Imola, nella formazione del trio, insieme ai due interpreti nemmeno ventenni Cristian Lombardi e Giulia Rimonda, e che da anni ha scelto di collaborare con musicisti meno navigati appositamente per creare un’esperienza nuova per la musica stessa e per il pubblico. Ciò che è davvero importante è parlare di musica e far sì che il linguaggio con cui la restituiamo sia chiaro e scorrevole, anche per coloro che non sanno approcciarsi alle sue grammatiche.

I nuovi talenti arrivano da un arduo percorso di formazione che dovrebbe permettere loro di cimentarsi nel mondo del lavoro per portare possibilità fresche e fonti di rinnovamento culturale all’interno delle sale italiane. Spesso la società li ha relegati al ruolo di semplice fonte di ricambio generazionale, con aspettative e considerazioni perlopiù di stampo negativo circa il loro inserimento nel mondo professionale. La musica in Italia necessita di interpreti innovatori ma soprattutto di comunicazione. Giovani musicisti che trasmettono a giovani ascoltatori: questo è il modo più efficace per ottenere uno scambio culturale alla pari. L’arte in sé non conosce barriere, distinzioni settoriali, discriminazioni o etichette, è elastica e si adatta al gusto del suo pubblico. L’evoluzione come ricerca attraverso lo stimolo e libera espressione della sperimentazione, getterà le basi per una sempre più ampia divulgazione e promozione dell’arte non solo come cultura, bensì come bellezza.

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