Musica controcorrente

In occasione del sesto appuntamento dell’Emilia-Romagna Festival, mercoledì 30 giugno, Imola ha avuto la possibilità di ospitare all’interno della meravigliosa Rocca Sforzesca gli Archi della Filarmonica del festival pianistico internazionale di Brescia e di Bergamo. Ad accogliere l’orchestra, però, è stato un vento forte e costante che ha procurato non pochi grattacapi a organizzazione e musicisti.

I presentatori si sono subito scusati per i possibili inconvenienti che avrebbero potuto manifestarsi durante la serata e del ritardo dovuto ai tentativi fatti per risolvere la situazione non ideale. Tuttavia, le spesse mura della Rocca hanno fatto ben sperare il pubblico che è rimasto fiduciosamente seduto ai propri posti fino al termine della serata. Prima del concerto è stato mostrato un cortometraggio di videodanza per sensibilizzare il pubblico sul  tema della sicurezza sul lavoro. Subito dopo l’orchestra fatto la propria comparsa in scena. Le performance musicali sono, ovviamente, difficilmente valutabili dato che i musicisti sono stati più impegnati a fare tutto quello che potevano per non farsi strappare le parti e i leggii dal vento piuttosto che a suonare. Troppo spesso sono stati obbligati a rimanere in silenzio per alcune battute e la frustrazione era palpabile. Particolarmente bravi il flautista Pietro Guastafierro, capace di salvare il proprio leggio da una rovinosa caduta senza perdere nemmeno una nota, e il pianista Giuseppe Albanese che con l’estrosa teatralità dei suoi gesti è forse riuscito a tratti a rincuorare pubblico e colleghi. Bravissimi, questi solisti, anche nelle loro esecuzioni che, nei momenti più virtuosistici dei loro spartiti, hanno provocato udibile approvazione da parte del pubblico.

Le condizioni ambientali non hanno permesso di apprezzare pienamente le composizioni: le dinamiche musicali sono state completamente dissestate dal continuo borbottio del vento nei microfoni che ha reso gli arrangiamenti irrimediabilmente piatti e monotoni senza alcuna distinzioni di volume tra le varie parti. Le 4 Emotions per flauto e archi di Cristian Carrara, l’opera con cui ha esordito l’orchestra, sono per questo risultate in tre movimenti senza soluzione di continuità. L’elemento naturale, però, ha inizialmente apportato a questo lavoro un’aggiunta di sound design che, per quanto indesiderata, non è certo sembrata fuori luogo. L’impressione che ha dato è stata quella di trovarsi d’un tratto in mezzo a una bufera ad alta quota, a un passo dalla vetta di un monte altissimo, lì dove l’aria è più rarefatta e le armonie si allungano in un’atmosfera di esaltato onirismo che richiama vagamente Il Mattino di Grieg. A lungo andare, però, si sono perse le somiglianze con la fredda primavera norvegese ed è rimasto solo un po’ di dispiacere per non aver potuto ascoltare questo lavoro in condizioni migliori. Allo stesso modo, molto del brio dello Young Apollo,  la meravigliosa interpretazione di Britten del passaggio dalla condizione umana a quella perfetta divina con cui è continuata l’esibizione, è rimasto inespresso. Si è persa, infatti, tutta la potenza del crescendo iniziale che lo caratterizza. Solo il finale è stato eseguito senza particolari interferenze ed è stato applaudito con grande trasporto da tutto il pubblico che era evidentemente ben consapevole delle difficoltà che tutta l’orchestra stava affrontando. Per Šostakovič, di cui è stato eseguito il primo concerto in Do minore per pianoforte, tromba e archi, al contrario, la clemenza del vento ha caratterizzato solamente l’inizio andando invece a impastare il resto dell’esecuzione col proprio timbro caratteristico. Non ha aiutato a rendere più piacevole il tutto sentire un violino accordarsi tra un movimento e l’altro. L’esecuzione, tuttavia, è risultata molto sentita e discretamente ben riuscita. 

In ogni caso bisogna rendere grande merito a questi splendidi musicisti per aver portato a termine il concerto nonostante le evidenti difficoltà. Tutti hanno dimostrato caparbietà e professionalità nell’affrontare una situazione molto spiacevole e la loro evidente tecnica era perfettamente udibile nei brevi momenti di pace concessi dal vento. Forse, per venire meglio incontro a queste problematiche, sarebbe stato bene spostare il concerto all’interno del teatro Stignani come era previsto dal programma in caso di intemperie ma probabilmente non ci si è resi conto della situazione in tempo per ripiegare su questa opzione.

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