Possono le persone vivere un’esperienza comune seppur distanti? Questa è la domanda che si è posta Chiara Bersani per produrre lo spettacolo Il canto delle balene. Con la pandemia, poi, questa domanda si è come “sviluppata” nella vita reale a causa del distanziamento sociale, che ci ha fatto utilizzare molte vie di comunicazione.
L’opera non parla della disabilità: la usa come approccio, non come discorso. D’altronde, tutti i suoi spettacoli non preferiscono parlare di altro e Chiara pensa che il fatto di essere disabile non debba per forza essere messo al centro come argomento.
I linguaggi che sono stati utilizzati nello spettacolo sono stati quello visivo e sonoro, in più la prassi – cioè la distanza e la vicinanza dei corpi – che lei ha definito un vero e proprio elemento.
Chiara dice che ha composto questo spettacolo in modo diverso dagli altri perché sta crescendo e si sta spostando dall’esposizione del proprio corpo al pubblico verso altri orizzonti.
La scelta di non esporre il suo corpo è una scelta politica: c’è un iper-attenzione su di lei che non sempre corrisponde a un ascolto.
Vi interesso io come artista o come corpo?
(foto di Antonio Ficai dal sito di Armunia)