Mi chiamo Fevi e credo che un mio punto di forza sia al contempo un laccio slacciato; è il fatto che riesco a tenere e ricordarmi Fevi bambina senza aver paura di perdermici dentro. Credo che la mia infanzia è stata scattata, fermata e messa sul frigo anni fa, in una foto grande più o meno come una mano. Dove c’è una piccola bambina nera, sui tre anni, che tiene non uno ma due cucchiai, tutta sporca di pasta.
Credo che la felicità sta, anzi, la mia felicità stia nei piccoli sguardi o i micro movimenti facciali che riescono a rallegrarmi quella giornata, quell’ora o anche semplicemente quel minuto che riesce a farmi dire «Caspita, cos’è questa contentezza?»
Una delle occasioni in cui il mio inconscio riesce a dire «questa espressione interiore» è quando vedo la felicità dei bambini a scoppiare le bolle di sapone; perchè è un gesto talmente semplice e delicato da fare, percepire per un bambino, tanto difficile e impossibile per un adulto che non riesce a non pensare a tutte le variabili che può creare quello scoppio di sapone. Quindi l’adulto inizia ad accelerare il passo per evitare, le bolle, i bambini e addirittura i suoi “simili”: i genitori.
E lontano dalla scena principale mi si intravede seduta sulla panchina in fondo, infastidita dal passo, di questo emancipato, troppo rapido, troppo lento, troppo storto, troppo perfetto… troppo, che lo rende così imperfetto ai miei occhi e così spiacevole per il mio cervello.
Bosch a mio parere riesce nell’opera Il giardino delle delizie a dare un volto alla psiche, perché dipinge a mente umana con le sue perversioni, stranezze, paure… tutte emozioni che per quanto possono essere imperfette, rendono l’essere umano completo, protagonista di diverse poesie, studi, storie e miti che ti fanno dubitare della sua imperfezione.
Molti miei ricordi, purtroppo, non sono stati catturati, stampati e appesi come avrei voluto e credo che uno dei miei maggiori rimpianti non fotografati.. sia quando mia sorella più piccola non riusciva a staccarsi il primo dentino che dondolava, e allora io l’ho aiutata. Avrei voluto immortalare la fierezza che le si leggeva sul viso; questa è stata, a mio parere, la prima manifestazione d’affetto da parte sua che abbia sentito veramente bussare alla porta del mio cuore e avvolgermi in una sensazione di affetto che non avevo mai provato prima.. Credo che questo sia uno di quei ricordi scritti con il pennarello indelebile che farò fatica a cancellare dalla mia mente neanche fra trent’anni.